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Il ritardo o disturbo del linguaggio (DL) rappresenta una condizione frequente in età prescolare (2 – 6 anni) e può interessare la comprensione e la produzione di parole e/o frasi. È generalmente considerato un disturbo transitorio dello sviluppo a prognosi favorevole. Un problema di linguaggio può avere diverse cause con differente grado di gravità: in alcuni casi le difficoltà linguistiche emergono in conseguenza ad altre condizioni patologiche, come deficit neuromotori, sensoriali, cognitivi e relazionali. Nella maggior parte dei casi comunque capita che il bambino non abbia nulla se non questa difficoltà nel parlare (parla poco o nulla, usa poche parole, “confonde” le lettere). Ciò nonostante è importante intervenire precocemente su questo tipo di problema per sostenere lo sviluppo del linguaggio e di conseguenza la possibilità del bambino di frasi capire dagli altri e comunicare i propri bisogni e pensieri, ma anche perché esiste una stretta correlazione con i Disturbi specifici di apprendimento (DSA). Infatti i soggetti con Disturbo Specifico di Apprendimento presentano un pregresso disturbo di linguaggio nel 30-40% dei casi e, secondo recenti studi, più della metà dei bambini con DSL presenta difficoltà di apprendimento nei primi anni scolastici.

I disturbi specifici di linguaggio possono presentarsi con un ritardo nella comparsa delle singole parole, alterazione nella produzione dei suoni linguistici o anche difficoltà a livello lessicale, sintattico-grammaticale (la struttura della frase) o pragmatico. Alcuni campanelli d’allarme nella fascia d’età 18-30 mesi sono rappresentati da difficoltà di comprensione del linguaggio parlato, scarso uso di gesti o lentezza nello sviluppo del linguaggio (frasi complesse che tardano a strutturarsi). In sintesi si tratta di bambini che faticano a farsi capire o a comprendere e quindi a sostenere una conversazione. La presenza di una produzione ancora non adeguata oltre i 3 anni dovrà necessariamente essere valutata da un’attenta visita medico-specialistica, per individuare precocemente i bambini con disturbo specifico del linguaggio mediante la somministrazione di prove specifiche che andranno a valutare lo sviluppo fonologico, lessicale e morfosintattico del bambino. Non conviene, infatti, aspettare nella speranza che il disturbo si risolva da sé.

Nonostante l’origine dei disturbi specifici di linguaggio non sia chiara, sono stati rilevati alcuni indici dello sviluppo del linguaggio che spesso si associano al disturbo di linguaggio. Ad esempio:

  • 5-10 mesi: assenza della lallazione (prima vocalica, poi consonantica)
  • 12-14 mesi: assenza di utilizzazione di gesti (deittici e referenziali)
  • 12 mesi: mancata acquisizione di schemi d’azione con oggetti
  • 18 mesi: vocabolario inferiore a 20 parole
  • 24 mesi: vocabolario inferiore a 50 parole
  • 24-30 mesi: assenza o ridotta presenza di gioco simbolico
  • 24-30 mesi: ritardo nella comprensione di ordini non contestuali
  • Pediatria naturale
  • 30-40 mesi: ridotta presenza di gioco simbolico
  • dopo i 30 mesi: persistenza di idiosincrasie

Rientra nella valutazione dei disturbi di linguaggio la valutazione neuropsicologica infantile e quella logopedica. Questo consente di strutturare un intervento mirato e modellato sulle caratteristiche del bambino, osservato nella sua globalità. Il percorso di valutazione inizia con un colloquio con i genitori attraverso cui si cerca di indagare circa lo sviluppo generale e specifico del linguaggio, ricevere informazioni riguardo al bambino come parlante (con chi parla, come parla e di cosa) e come ricevente (ad esempio quali strutture è in grado di comprendere) e di capire in quali contesti comunicativi il bambino è inserito.

L’intervento d’elezione per un disturbo specifico di linguaggio è senza dubbio quello logopedico. Va precisato che disturbi “puri” insieme ai quali non siano presenti altri tipi di difficoltà sono piuttosto rari. Bisogna quindi tener conto di altri possibili disturbi che si presentano in concomitanza, da valutare caso per caso, e trattare anche quelli secondo le modalità più opportune.

Cosa fare:

  • Ascoltare il bambino con attenzione senza mostrare fretta o ansia;
  • Lasciare che il bambino concluda sempre il suo discorso, in tutto il tempo necessario;
  • Favorire l’uso del gesto come supporto per la comunicazione;
  • Riformulare la produzione “scorretta” del bambino senza correggerlo: il bambino impara implicitamente dal modello fornito dall’adulto, non dall’esercizio di ripetizione;
  • Parlare molto al bambino, in modo rilassato e lento, ma senza scandire eccessivamente le parole;
  • Leggete insieme: l’ascolto di storie favorisce lo sviluppo del linguaggio, l’ampliamento del vocabolario e le abilità narrative
  • Valorizzare le altre qualità del bambino;
  • Accettare il bambino con il suo disturbo ed evitare di sottolineare o ingigantire il problema.

Cosa non fare:

  • Non interrompere o sostituirsi al bambino mentre parla nel tentativo di “accorciare i tempi”;
  • Non parlare davanti al bambino delle sue difficoltà per evitare di ingigantire il problema;
  • Non correggerlo quando pronuncia male una parola o una frase ma, una volta che il bambino ha finito di parlare, proporre il modello corretto nella risposta.